Si stava meglio quando si stava peggio

 

     Viviamo in un'era in cui le merci, di qualsivoglia natura, sono esibite in modo seduttivo. Vale anche per i cibi. Per i quali non basta più una semplice vetrina espositiva e/o catalogativa, ma un trionfo di opulenza tentatrice che induce al desiderio pur in assenza di appetito. Parliamone.

 

     "Si stava meglio quando si stava peggio" era la frase tormentone di mio padre (classe 1915). Ogni volta che la ripeteva io alzavo gli occhi al cielo, senza ribattere. Aborro le frasi fatte, e questa lo è.

     Non ho mai capito come mai un uomo che ha fatto la guerra potesse disprezzare il tempo presente, fatto di agi, per esaltare un passato di stenti e miserie. Incomprensibile. Ho impiegato cinquant'anni per capire la profondità ed il valore della sua frase tormentone. Ed eccoci qua a parlarne.

     Ai suoi tempi non esisteva nè il concetto di vetrina espositiva (troppo poco da esporre) nè il concetto di seduttività (comunque non come lo intendiamo noi attualmente). C'erano poche tipologie di cibi ed in quantità esigua. E proprio grazie al fatto che i cibi erano pochi (e poco) si era costretti a mangiarli tutti per sfamarsi.

     Sostanzialmente erano poco nutriti ma non denutriti.

 

      Facciamo un esempio calato nello scenario tipico delle campagne.

     A disposizione per i più, pur in bassa quantità, c'erano: frumento, mais, verdure, pollame vario (non solo pollo), capre (latte), maiale, uova. Qualcuno con la mucca in stalla (latte). In relazione alle caratteristiche del territorio qualcuno aveva a disposizione anche il riso. E in molti avevano a disposizione il sale che fungeva da conservante di carni e pesci.

      Di tutto questo c'era poca disponibilità in termini quantitativi, QUINDI SI MANGIAVA TUTTO. E poche storie.

     Attualmente l'offerta è enorme...ma solo all'apparenza. Capiamo perchè entrando in un bar, tipico dei centri cittadini, dove una buona parte delle persone si ferma in pausa pranzo. Nelle vetrinette troviamo un trionfo seducente di: tramezzini, panini, focacce, piadine, pizzette, crostatine, brioches, muffin, pasticcini. [Ti viene fame anche se non ce l'hai. Le esposizioni di certi locali seducono anche l'inappetente più incallito. Il bello viene còlto in tutte le sfumature, si sa.]

     Bene. Tutto questo si traduce in un solo oggetto che si chiama FRUMENTO. Punto. Gli altri ingredienti a corollario hanno ben poco significato al suo cospetto.

     Chi fa un minimo di tavola calda propone anche il riso. Qualche illuminato perpone il kamut e il farro. Che comunque mangiano in pochi perchè la pizzetta, il panino ed il tramezzino sono più veloci e più pratici.

     Nessuno col mais. E anche a casa, chi la mangia più la polenta?

     E il riso?? I pochi fantasiosi sopravissuti lo mangiano solo di domenica. Gli altri giorni pizzette.

     E il latte di capra? Oggetto sconosciuto. Tutti col latte di mucca.

     Le uova? Ma percarità! Non vorrai mica alzare il colesterolo!

     Pollame? Petto di pollo e tacchino a quintali. Gli altri animali da cortile sono sconosciuti. Se uno, per sbaglio, vede la foto di una faraona la crede un uccello esotico.

     Maiale? Le carni grasse non le vogliamo!! Si alza il colesterolo!!! (sono tutti ossessionati dal colesterolo).

     Verdure?? Ne mangiano tutti così tante che si lamentano che si gonfiano con una foglia di insalata. [Per forza, la mangiano sempre.]

     E il sale? In lavastoviglie. Perchè lì non alza la pressione.

     Risultato: la stragrande maggioranza della popolazione si trova in uno stato paradossale di denutrizione. Qui, in pieno occidente, dove "non ci manca niente".

     E infatti stiamo tutti così bene che i ricoveri ospedalieri, negli ultimi 10 anni, sono più che raddoppiati.

     "Non ci manca niente" e perdiamo la salute.

     Bravo il mio papà, si stava meglio quando si stava peggio.