Quando il protocollo fa cilecca

 

     A colloquio con la signora Laura M. di Camposampiero PD: soffro di mal di schiena da quasi 40 anni, da quando avevo il mio primogenito piccolo. Da allora ho provato tutti gli antidolorifici e tutte le terapie (fisioterapia, osteopatia, chiropratica, etc…). Io ho sempre il mio mal di schiena, immancabilmente. Pur con alti e bassi, ma non è mai scomparso. Ho avuto un grande sollievo dal cambio alimentare, che ha ridotto il mio dolore lombare ai minimi storici. Ero soddisfattissima. Poi, per accertamenti diagnostici già prenotati da tempo, mi sono rivolta ad un nuovo fisioterapista consigliatomi dall’ortopedico. E da una settimana mi sembra di essere entrata in un girone dantesco, tanto è il mio dolore….


     Cari lettori, colgo l’occasione, con la domanda della signora Laura, per farvi riflettere su quanto è chiaramente emerso da tanti miei articoli e di cui, oggi, faremo una sintesi. Quella riportata sopra, in realtà, non è una vera e propria domanda ma un’amara constatazione che mi è stata riportata da una mia paziente durante la seconda visita, a 5 settimane di distanza dalla prima.

     Dall’anamnesi è risultato chiaro, fin da subito, che l’unico disturbo importante della signora era il mal di schiena. Tutti gli altri erano disturbi gastrici ed intestinali di scarsa rilevanza. O meglio, di grande rilevanza per lei, ma non per me. Perché si capiva chiarissimamente che dipendevano unicamente dal cibo “sbagliato”. Infatti, le ho assegnato subito la dieta adeguata ai suoi bisogni.

     La dieta ha prodotto l’azzeramento dei disturbi del gastroenterico ed una riduzione notevole del dolore lombare. Tanto da non avere ricorso, durante il periodo, all’antinfiammatorio, ma solo al suo fisioterapista di fiducia con le sedute già programmate da tempo. Nessuna sorpresa circa la riduzione netta di dolore: si sa bene che il cibo influisce tantissimo su questo, da qualsivoglia apparato od organo provenga.

     La riacutizzazione del dolore della signora parte con il cambio “forzato” del fisioterapista. Non entro nei dettagli tecnici, semplicemente vi dico che il nuovo professionista le ha indicato, secondo protocollo, una serie di esercizi posturali che l’hanno messa letteralmente in ginocchio.

     Risulta chiaro che l’applicazione dei protocolli non tiene conto dei bisogni specifici della persona. Ma di una “media” tracciata secondo la sommatoria di tutti i bisogni possibili. Chiaro che non va bene per tutti. Se stare seduti con la schiena dritta può essere un toccasana per alcune persone, di certo non lo è per altre. E viceversa. IL PUNTO STA NEL FATTO CHE NON SIAMO TUTTI UGUALI.

     Il tentativo di standardizzare un metodo porta anche a dei piccoli disastri. E con questo vengo a un esempio, diverso ma con uguale effetto, sentito tanto tempo fa a un congresso. Dall'intervento di una musicista e musicoterapeuta, la dott.ssa Damiana Fiscon, è emerso con forza che l’ascolto “obbligatorio” di Mozart alla donna incinta, per favorire il relax suo e del bimbo, può rivelarsi nefasto se alla futura mamma non piace Mozart.

 

     L’obbligo a fare qualcosa, di considerato sano, può rivelarsi fallimentare dal punto di vista terapeutico. Se la futura mamma non apprezza Mozart ma le “suggeriscono” di ascoltarlo, il feto riceverà, di riflesso, delle informazioni contraddittorie. Niente di più nefasto. Per entrambi.

     Altro esempio: bambini con bronchiti asmatiche o, comunque, una sorta di debolezza polmonare. C’è il pediatra che suggerisce il mare, quello che suggerisce la montagna. Con il risultato che alcuni bambini stanno molto bene al mare, altri molto male. Vale anche per la montagna, naturalmente.

     Lo stare molto bene o molto male, in un certo luogo, non dipende dalla patologia in sé, e nemmeno dal luogo, ma dall'organismo della persona in questione. A parità di patologia le terapie possono essere anche  molto diverse. Perché sono diverse le persone. Guai a sorprendersi. Anzi, molti di voi si riconosceranno in questo.

     Ancora un esempio: si viene sempre esortati a fare movimento. Benissimo. Ma se obblighiamo a fare movimento una persona pigra di natura otteniamo un affaticamento che certamente lo farà ammalare. E allora, il movimento fa bene o fa male? Né l’uno né l’altro. Dipende dalla persona.

     Un altro esempio (potrei andare avanti all’infinito): far assumere ferro ad un anemico. Per alcuni va bene, per altri non va bene per niente. ll binomio anemico=bisognoso di ferro, non è un postulato euclideo. O meglio, che l’anemico sia carente di ferro lo di evince con chiarezza adamantina dalle analisi. Che gli serva il ferro per alzare il ferro lo abbiamo deciso noi, ma non è dimostrato. Anzi, finita la cura torna basso come prima. Altroché protocolli.

     Noi poveri umani abbiamo l’insana pretesa di crederci onnipotenti. A tale proposito pensiamo di dominare la natura stabilendo delle regole rigide, in linea (purtroppo) con la nostra pochezza mentale. Il nostro cervellino, pur nella sua preziosità, non può pretendere di mettere le briglie alla natura.

     La natura è qualcosa che non è governabile, controllabile o manovrabile. Ci piacerebbe tanto semplificarla ed ingabbiarla dentro a una scatola, infatti ci proviamo in tutti i modi. Ottenendo come risultato un volgare riduzionismo che ci rende ridicoli. Nel tentativo nobile di trovare una soluzione ad ogni costo ci ritroviamo a raccogliere i cocci della nostra presunzione.