Le malattie della morte

 

     Questo dipinto straordinariamente grande (408x300cm) fu commissionato a Caravaggio come pala per l'altare maggiore della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro (o Fuori le Mura), nel sito ove secondo la tradizione la santa fu martirizzata e sepolta. Due sono gli elementi forti della scena: la grandezza sinistra dell'ambiente sotterraneo e catacombale, e i due grandi becchini in primo piano che, con la loro fisicità, relegano tutto il resto in secondo piano. Santa compresa. La drammaticità della scena è conferita dalla luce: non più fortemente orientata ed uniforme come nel Caravaggio più noto, ma più drammatica, di un colore sanguigno, che mette in risalto i corpi sudici dei becchini e il malsano dell'ambiente tutto.

 

     Gli imprenditori di pompe funebri così come noi li conosciamo in questa nostra epoca igienista non hanno nulla a che vedere con i loro poveri colleghi del passato. Per passato si intende un tempo che va comunque "separato" in due: i tempi antichi, di cui vedremo alcuni dettagli dopo, e i tempi relativamente più recenti, che vanno dalla caduta dell'impero romano a tutto l'ottocento, che vediamo subito.

     Capiremo a breve che si trattava di un'attività che non lasciava scampo: lavoravano con la morte per la morte. Sapevano fin da subito che non sarebbero arrivati alla vecchiaia: era il mestiere dei poveri tra i poveri, di quelli senza arte né parte, degli sfaccendati. Di quelli che non avevano niente da perdere.

     Entrando nel vivo della questione, premettiamo che esistono delle differenze sostanziali tra le città e le campagne. In relazione alle città e ai centri fittamente abitati, nei secoli più vicini a noi le famiglie importanti, i cosiddetti casati, possedevano una propria tomba gentilizia nelle chiese più celebri. I morti dei popolani invece venivano affidati ai becchini e seppelliti senza distinzioni in grandi sepolcri presso le parrocchie (qualcosa di molto simile a quelli che noi chiameremmo sotterranei). Di conseguenza i becchini, scendendo in quelle fetidissime caverne piene di cadaveri semiputrefatti per riporvi i nuovi cadaveri, erano esposti a malattie mortali, soprattutto febbri maligne (definizione che non esiste ai nostri tempi), profondo deperimento generale del corpo e dello spirito (detto cacchessia), catarri soffocanti. Non esistevano becchini vecchi.

     Si è osservato spesso che, dopo che si sono combattute grandi battaglie, si sono sviluppate, a causa dei cadaveri insepolti, terribili pestilenze che hanno prodotto immani stragi nella popolazione. Non c'è pertanto da meravigliarsi della povera vita dei becchini che andavano e venivano in continuazione dai sepolcri.

Diversamente la gente di campagna aveva l'uso di seppellire nella terra i propri morti. Dopo aver messo il proprio caro in una cassa di legno, si occupava di scavare una fossa profonda nel prato nei pressi della parrocchia, affidandolo così alla terra. Si rivelò un ottima regola. Infatti il problema della malattia dei becchini era cittadino e non paesano.

 

     Parlando invece di storia antica, i Romani avevano l'abitudine di portare alla sepoltura i cadaveri fuori dalla città. Le vie Latina e Flaminia, e soprattutto le strade militari, erano assai famose all'epoca romana per la gran quantità di monumenti sepolcrali. In questo modo mantenevano la città ben protetta dalle orribili esalazioni che scaturiscono dalla putrefazione dei cadaveri.

     Gli antichi provvedevano alla salubrità pubblica anche avendo cura dell'aria, al punto da relegare fuori dai confini della città non solo ogni sorta di immondizia ma anche le ceneri dei propri cari. Pare che Esiodo non approvasse nemmeno la letamazione dei campi, desiderando che si prendessero misure volte più alla salute pubblica che alla fecondità dei terreni (la storia ha sempre tanto da insegnare, ma noi facciamo a gara a non imparare).

 

     Detto questo, la conclusione: anche la morte ha le sue malattie, mortali.

 

 

Il seppellimento di Santa Lucia, Michelangelo Merisi da Caravaggio 1608, olio su tela. Chiesa di Santa Lucia alla Badia, Siracusa.

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RAMAZZINI B. (1713), De morbis artificum diatriba, Patavii 1713, originale

RAMAZZINI B. (1995), Le malattie dei lavoratori, Edizioni Teknos, Roma