Lo shock del rientro

 

          A colloquio con la signora Marzia Z. di Padova: cara dottoressa, ho atteso con trepidazione le mie due settimane di ferie. Sono stata in vacanza al mare, vacanza che si è rivelata gradevole e molto rilassante. Ho fatto sport in generale, equitazione in particolare. Ho mangiato (molto e con grande gusto). Non mi sono risparmiata nemmeno per quanto riguarda il vero e proprio divertimento: discoteca, e serate all’insegna dell’allegria e della musica. Insomma, il piacere di stare tutti insieme spensieratamente. Da qualche giorno sono rientrata in città e, come molti, ho ripreso l’attività lavorativa. Cosa vuole che le dica, è stato uno shock dal quale mi sembra proprio di non riuscire a riprendermi. Alzarmi la mattina mi sembra di vivere un incubo. In ufficio si parla solo di vacanze e di come si sono trascorse. Tutti con lo stesso problema di ripresa del ritmo lavorativo, che ci sembra totalmente estraneo. Ho poca concentrazione e scarsissima voglia di fare. La cosa mi preoccupa non poco perché sono sempre stata attivissima, lavorativamente parlando,  ed energica. Che cosa posso fare, secondo lei, per ritrovare forza e voglia di fare?


     Cara Marzia, come ha potuto ben constatare, confrontandosi con i suoi colleghi d’ufficio, la ripresa del lavoro dopo le vacanze rappresenta un momento di reale difficoltà. Non si tratta solo di sentimentalismi e nostalgia di vacanza, ma di un vero momento di crisi dell’organismo.

     Se nel corso della vacanza i ritmi dell’organismo vengono modificati (e questo vale per il 90% dei vacanzieri), è pacifico che la ripresa dei ritmi “normali” sia lenta e difficoltosa. Quando si è in vacanza, scatta il meccanismo del "divertimento e del fare tutto quello di cui si ha voglia perché, tanto, si è in vacanza”.

     Siamo pervasi di entusiasmo e voglia di vivere, a tal punto che il nostro cervello “gestisce” l’adrenalina del corpo, e quindi non sente lo scompenso negativo derivante dalle ore piccole, dagli stravizi, e dalle abbuffate (quelle che si fanno perché c’è un sacco di roba buona da mangiare, non importa che si abbia fame o meno). L’entusiasmo, si sa, non ci fa percepire l’affaticamento.

     Quindi il cambio del ritmo lavoro-vacanza, non viene percepito minimamente, pur essendo, spesso, devastante. Al rientro, tutto si inverte: a parte pochi eletti, per tutti gli altri il ritorno al lavoro rappresenta il grigiore, la tristezza, il logoramento. Certo che, con questo tipo di pensieri negativi, tutta la mole di energia spesa in vacanza ci ritorna addosso come un macigno.

     La prima difficoltà che si presenta, in assoluto, è quella del ritmo sonno-veglia. Il ritmo sonno-veglia è tipicamente circadiano (circadiano=fenomeno ritmico che si verifica nelle 24ore) e, nella quotidianità, è scandito dal ritmo lavorativo. Ritmo lavorativo che, fatta eccezione per chi lavora di notte, rispetta perfettamente i bisogni dell’essere umano, cioè l’attività fisica e mentale distribuita durante il giorno, il riposo del corpo e della mente (insonni a parte) assegnato alla notte.

     Parliamoci chiaro, in vacanza è difficilissimo che tutto questo si mantenga inalterato: la vacanza è sempre associata al divertimento e all’allegria (basti pensare alla riviera romagnola, che ha creato una vera e propria industria dell’intrattenimento “all night long”). Al rientro in città ci si impone il ritmo di sempre che, nonostante sia il ritmo corretto, non viene recuperato con facilità. Generando iniziali insonnie e/o grandi difficoltà al risveglio.

     Portare tutto questo in ufficio significa avere notevoli difficoltà di concentrazione, con gli immancabili errori da distrazione. In risposta a questo si genera nervosismo, cattivo umore, risposte sopra le righe, una stanchezza mentale indescrivibile. Inoltre, quando si è in vacanza, non si bada al cibo. Né al tipo, né alla quantità (sulla qualità preferisco non addentrarmi). Il cibo è qualcosa che sembra, lì per lì, un elemento innocuo.

     E invece rappresenta un impegno notevolissimo per l’organismo, in quanto la sua gestione impiega molta energia extra da parte del sistema immunitario. Energia che, se veicolata sulla gestione del cibo e delle ore piccole, di certo non potrà essere a disposizione quando lo vogliamo noi (cioè al rientro in città).

     Il sistema immunitario non è qualcosa di illimitato, o infinito. Non è qualcosa della quale ce n’è sempre e continuamente. Non è una risorsa illimitata. E questo lo sanno molto bene le persone sieropositive, ad esempio, che vivono il rischio dell’estremo opposto della situazione. Come dico sempre io, il sistema immunitario è come avere a disposizione tanti soldati. Ma se tutto il reggimento è sul fronte ovest, di certo non ci sarà nessuno sull’est e viceversa.

     Cioè, se tutto l’impegno è volto a tamponare una situazione di emergenza, è evidente che non ci sarà nulla a disposizione per la situazione ordinaria. È lo stesso concetto della coperta corta: qualcosa rimane sempre fuori. Il nostro organismo è molto ben organizzato per fare fronte a tutto, ma se lo bistrattiamo, qualche colpo lo perderà. Allora, come fare? Nell’intento di recuperare energia, concentrazione e buonumore, dobbiamo rivolgerci al cibo. Solo lui ha il potere di incidere profondamente nel regolare il funzionamento del sistema immunitario.

     Ricordo sempre che il sistema immunitario è costituito da un “reggimento” di cellule. Di questo reggimento, circa l’80% è locato nell’intestino. Il resto lo si trova a livello dell’albero respiratorio. Eh già, se qualcosa ci fa male, o l’abbiamo mangiata o l’abbiamo respirata. Questo è ovvio. Il famoso 80% dell’intestino è molto aiutato (o, viceversa, disturbato) dal cibo. Pertanto, la cosa più saggia da fare è regolare subito la dieta.