L'esperto risponde
Il gastroenterologo è spesso impotente di fronte alla tenacità e all'intensità dei sintomi, il farmaco ha un'azione limitata nel tempo.
Il danno da cibo si cura col cibo.
A colloquio con il signor Sandro B. di Ferrara: io ho solo 29 anni ma il mio stomaco funziona come quello di un anziano, almeno penso. Sono arrivato ad un punto morto: io non digerisco niente. Sono stato definito un caso atipico perché io non ho dolori, almeno non come gli altri (così mi dicono i dottori). Io ho un gonfiore incessante, notte e giorno. Qualsiasi cosa mangi divento un pallone e ci metto un tempo lunghissimo a digerirla. Tra tutti, sento che i farinacei mi distruggono. La carne non mi gonfia, ma se la mangio rischio di rigettarla praticamente intera. In generale arrivo a cena che ho ancora sullo stomaco il pranzo. Non c’è una diagnosi chiara. I farmaci li ho provati tutti. L’unica cosa che mi dà un minimo di sollievo è il digiuno. Ma non è praticabile perché non posso non mangiare!! Ho anche fame! Sono un caso disperato sia per me che per mia madre che, poveretta, si fa in quattro ma non sa più cosa prepararmi! Lei ha esperienza di casi come il mio? C’è la possibilità di mettere in ordine questo stomaco?
Caro Sandro, mai mettere limiti alla Provvidenza: a tutto c’è una soluzione. Parto dicendole che casi come il suo ne ho visti e ne vedo ancora tanti. Sono sempre più frequenti. Una volta, invece, erano più frequenti quelli classici, quelli che presentano con chiarezza il dolore: forte, rodente, come una morsa, come un crampo, come una pietra, come un coltello che lacera, come una spada piantata da parte a parte.
Nonostante il grande dolore che li accompagna, questi “mal di stomaco” sono i più facili da guarire perché, 9 casi si 10, il dolore dipende dal cibo “sbagliato”. È sufficiente assegnare al paziente una terapia nutrizionale detossificante e, già dopo pochi giorni, il dolore si trasforma in un fastidio per poi sparire.
Ma torniamo al signor Sandro e al suo caso. Questo tipo di patologia dello stomaco è, sostanzialmente, una sorta di inattività, come se lo stomaco fosse “fermo”, o lavorasse ai minimi termini. Il disagio è enorme, proprio perché non c’è sollievo da niente: né dal cibo “corretto” né dal farmaco. Sostanzialmente si tratta di una scarsa produzione di acido cloridrico, l’esatto contrario di quello che capita nei casi più frequenti, quelli che hanno il dolore.
A tale proposito ricordo sempre con piacere il caso di Francesca, brillantemente risolto. Francesca è venuta da me con un problema complesso, ormai diventato cronico e molto serio. Era allo stremo. Mi raccontava di avere appetito e di mangiare anche con piacere, tranne che, dopo un ora e mezza circa dal pasto, partiva inesorabilmente il vomito. Di cibo a pezzi, completamente indigerito o parzialmente digerito. Non riusciva a trattenere niente, o poco.
Si ritrovava, la mattina verso le 10 a vomitare la cena della sera precedente. Mangiare un pezzo di carne? Utopia. Neanche sognarselo. Questo tipo di malessere lo ha portato da tutti gli specialisti, ma non c’è stato nulla da fare. Tutti si sono limitati al farmaco, come se si trattasse di un mal di stomaco classico. E invece no, questa è un’altra cosa. Inoltre ritengo che il suo dramma non sia stato capito fino in fondo perché Francesca ha raccontato, a tutti gli specialisti, una cosa molto seria del suo passato: la bulimia.
Questo ha, secondo me, indotto i medici ad associare il vomito attuale alla bulimia del passato, generando un preconcetto/pregiudizio che ha impedito loro di guardare il caso con lucidità.
Francesca questa cosa della bulimia l’ha raccontata anche a me, naturalmente. Ma il modo in cui me l’ha raccontata mi ha fatto capire immediatamente che si trattava di un fatto archiviato, che non aveva niente a che vedere con il vomito attuale. La sua descrizione circa il suo malessere del momento è stata così chiara e nitida che non poteva, in alcun modo, avere a che fare con il fenomeno della bulimia. Inoltre era troppo dettagliato e ricco di sintomi concreti per esserselo inventato.
Ho accompagnato Francesca in un percorso durato mesi. Il miglioramento delle condizioni generali è stato graduale. Poi, finalmente, la guarigione. Come il caso di Maurizio, citato la settimana scorsa, anche in questo caso la guarigione è arrivata quando è emerso con chiarezza lo squilibrio minerale che imprigionava Francesca: il sodio.
l metabolismo del sodio, nell’organismo di Francesca, funzionava malissimo, impedendo quasi totalmente le funzioni digestive e di nutrizione in generale. È bastato riequilibrarlo per togliere Francesca dallo stato di malattia. Non solo, ora mangia qualsiasi cosa, carne compresa (che adora, indovinate come? Cruda).
Questo bel risultato su Francesca, ma vale anche per tutti gli altri pazienti, è stato ottenuto con l’applicazione della tecnica PNEI (Psico Neuro Endocrino Immunologia). È stato attraverso i nostri colloqui, emotivamente molto profondi, che sono arrivata, incontro dopo incontro, a capire il punto esatto dello squilibrio organico. Si tratta di un lavoro estremamente fine, certosino, dove le parole del paziente vengono elaborate e tradotte nella sua disfunzione organica.
È come se il disturbo stesso si esprimesse attraverso le parole del soggetto. La giusta lettura, ed interpretazione, delle sue parole porta a trovare la soluzione del caso. Si tratta di una tecnica di grande fascino, oltremodo coinvolgente. Il paziente è finalmente il vero protagonista della sua storia. Finalmente ASCOLTATO.
E con molta attenzione, visto che il mio mestiere consiste nel tradurre le sue parole in…molecole!! Decifrare i suoi pensieri più profondi, decrittare le sue emozioni e trasformarle in una logica molecolare. Sembra fantascienza. Si tratta invece di medicina d’avanguardia. Un metodo che va oltre le indagini diagnostiche, perché legge quello che nessuno strumento è in grado di cogliere: il pensiero.
La medicina psicosomatica ce lo dice da sempre: il legame tra i pensieri e lo stato di salute della persona è strettissimo. Vale per tutte le malattie, da quelle espresse dal corpo a quelle manifestate dalla mente.
Quanto detto giusto per fare un distinguo chiarificatore, perché sappiamo bene che l’uomo è un’entità unica, NON DIVISIBILE in pezzi anatomici.