Il male invisibile

 

     Nella mia attività di nutrizionista càpita sempre più spesso di incontrare il disaglio del vivere. Purtroppo il cibo è un "elemento dipendenza" nello stesso modo in cui lo sono l'alcol, le droghe e il gratta e vinci. E non è il meno pericoloso.

 

     Mi ha colpito l'affermazione di un economista indiano (*) in cui, riferendosi al tessuto sociale (sempre poco considerato dagli economisti), riporta un dato choc: negli USA i maschi bianchi "in età da lavoro" si stanno autodistruggendo con alcol, droghe e suicidi ad un ritmo equivalente a quello di "dieci guerre del Vietnam simultanee".

     E siccome gli Stati Uniti anticipano i tempi, tra qualche anno saremo testimoni di questo sfacelo anche qui, nella vecchia Europa.

     Gli economisti, sempre attenti ai mercati e ai governi, considerano poco il tessuto sociale. Un vero peccato, dai sociologi c'è solo da imparare.

 

     In questo tessuto sociale, già poco osservato, c'è un fenomeno tutto femminile: l'autodistruzione attraverso il cibo.

     E secondo me questo sfugge anche ai sociologi. Sfugge perchè non provoca vittime. Ma è solo un'apparenza.

     Le vittime ci sono eccome. Non sono in obitorio ma nelle loro case, circondate da cibo inutile e farmaci.

     Le pastiglie per l'attacco di panico, quelle per la stipsy, quelle per dormire, quelle per digerire, quelle per dimagrire, quelle per i dispiaceri (veri o presunti), quelle per drenare, quelle per il detox,...

     Potrei andare avanti all'infinito.

 

     Ad un certo punto il mix cibo-pastiglie in ospedale ti ci porta per forza, anche se non vuoi.

     Gli accessi al Pronto Soccorso negli ultimi vent'anni sono diventati un delirio. E quasi sempre c'è una dimissione senza una vera diagnosi.

     E d'altronde non si può diagnosticare l'invisibile. Come si fa a dare un nome tecnico al risultato di una frustrazione? Come si fa a dare scientificità a una mancanza?

     Vai tu a spiegare che la TV ti mostra una vita che tu vorresti ma che non esiste. E siccome tu la vorresti ti illudi che sia vera, quindi raggiungibile.

     E per raggiungerla usi tutti i mezzi che pensi ti siano utili: parrucchiere, estetista, palestra, selfie, social, apericena, tacchi.

     Poi torni a casa. Capisci che sei sola e mangi. E pastiglie.

     Tutto per non aver imparato a bastarti, per non aver riconosciuto il reale dall'illusione.

     Ci manca un'educazione al VERO.

 

(*) Ragurham G. Rajan, Economista e presidente della Banca centrale indiana.